VAI COL BIO. I SUCCESSI DELLA O.P. JONICA


dall'articolo apparso sul Quotidiano del 10 Dicembre 2011
di Nicola NATALE
Il dott. Giovanni Ranaldo, presidente della Organizzazione di Produttori .Jonica
Da una disfatta una vittoria. 
Si può riassumere così la storia della OP Jonica, una società consortile che unisce circa 40 imprenditori agricoli. Consortile perché, fermo restando l’autonomia degli imprenditori agricoli aderenti, mette in comune la fase del packaging e della commercializzazione che in genere le imprese agricole non riescono a svolgere da sole, soprattutto se riguardano i mercati esteri. 
Nel 2004 la crisi dell’agricoltura jonica raggiunse il punto di non ritorno. 
Da allora però le estese e fertili campagne attorno a Ginosa continuano ad essere coltivate intensamente, nonostante i prezzi alla pianta siano ridicoli. 
Per spiegare la contraddizione abbiamo sentito Giovanni Ranaldo, agronomo, 50 anni, presidente della O.P. Jonica con sede a Ginosa e stabilimento operativo in C.da Selvapiana sulla S.S.175.
Dobbiamo fare un po’ di storia della O.P. Jonica…
Questo vuol dire riconoscere all’Amministrazione dell’epoca (2004) di aver incoraggiato l’associazionismo in agricoltura. Ci fu un’assemblea all’Alcanices, fu invitato un funzionario dell’Emilia Romagna. Spinti dalla crisi decidemmo di provarci con Enzo Santoro, Saverio Internò, Maurizio Sorrenti, un gruppo di amici agronomi. Fu una lunga fase preparatoria ma nell’Aprile del 2005 costituimmo legalmente la società.
Ed ora?
A distanza di 7 anni siamo cambiati molto. Da circa 60-70 imprese, disomogenee, con troppa individualità e poca capacità di relazione, ora siamo a 40 aziende che conferiscono il prodotto. Da Giugno tutte le aziende consorziate si convertiranno al biologico, tra 3 anni tutta la superficie pari a circa 600-700 ettari, sarà completamente biologica. Il fatturato iniziale si è quasi triplicato. L’OP ha come mercato di riferimento quello tedesco, soprattutto relativo al biologico. Il 40% della produzione rimane in Italia, ma il prodotto biologico si vende nella sola Italia centro-settentrionale.
Quando lei dice biologico cosa significa?
Significa che seguiamo il regolamento comunitario, l’834 del 2007. Assenza totale di residui. Il biologico conserva ancora dei margini di reddito che consentono alle aziende di sopravvivere.
Il prezzo del prodotto agricolo non è dettato dal produttore. Come è possibile fare reddito?
Bella domanda. Premetto che il prezzo lo fa il mercato, la frammentazione della rete di vendita poi aumenta le difficoltà ed i costi di arrivo al cliente finale. Il prodotto convenzionale è quasi al capolinea, la globalizzazione spinge le produzioni verso il sud del mondo dove il costo della manodopera è molto basso. Questo crea enormi difficoltà. Una nostra ora di lavoro, anche non specializzato,  è di circa 6-7 euro. A sud del mondo, in Tunisia, Marocco, Egitto, le giornate vanno dall’alba al tramonto e costano circa 3 euro o 3 dollari. Competere quindi è molto difficile.
Per questo vi siete completamente orientati al biologico?
Certo, ma non è sufficiente, bisogna offrire un servizio ai clienti. Abbiamo una gamma di prodotti che da 3-4 articoli, principalmente uva, ora arriva a 20 referenze  con varietà diverse. Non un tipo di cavolfiore ad esempio, ma il nero, il romanesco, il tradizionale, il toscano. Produciamo fragole biologiche, erbe aromatiche come aneto, cerfoglio, coriandolo, erba cipollina sempre per il mercato tedesco. Stiamo dando una possibilità di lavoro 365 giorni l’anno, rivalutando la vecchia impostazione multi-colturale delle aziende inserendole nel mercato bio. E’ chiaro che le condizioni restano durissime e molto impegnative ma riuscire a mettere in pedana 6-7 articoli per cliente ci fa stare sul mercato.
Come riconosco il prodotto bio?
Me lo chiese anche Romita del Tg1 alla Fruit Logistica di Berlino. Bisogna guardare al codice a barre ed all’etichetta. Permette di arrivare al foglio e particella su cui è stato prodotto. Ci sono ormai  in Germania catene specializzate.
Il km 0 può avere una prospettiva o è solo uno slogan?
Avvicinare il produttore al consumatore è un discorso molto valido. Soprattutto per cercare di abbassare la forbice tra il prezzo alla pianta e quello al consumatore. Non ha alcun senso pensare che se clementine ed arance valgono 15-20 centesimi di euro sulla pianta, poi troviamo al mercato prezzi che sono il quadruplo. Questi prezzi si commentano da soli.

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